Nucleare in Italia ed effetto serra. Energia pulita ed economica ? – Ultimamente il mondo politico rivolge continui inviti all’ opinione pubblica a guardare di nuovo con fiducia all’ energia nucleare come la fonte di energia capace di liberare l’ Italia dalla schiavitù del petrolio, sempre più costoso e scarso, e dall’ incubo delle catastrofi climatiche. Innanzitutto, se molte centrali fossero costruite nel mondo per soddisfare la crescente domanda di elettricità, le riserve conosciute di minerale con alte concentrazioni di uranio (High-grade ores, con contenuto di uranio maggiore dello 0,1% necessario al funzionamento della centrale nucleare) si esaurirebbero rapidamente. Per le riserve di minerale a bassa concentrazione (Low-grade ores con meno dello 0,1% di uranio) occorrerebbe più energia di estrazione di quanta se ne ricaverebbe dai reattori nucleari.
Secondo, é vero che non vengono emesse sostanze inquinanti ?
In realtà, valutando tutta la CO2 emessa nell’ intero processo, una centrale nucleare alimentata da minerale High-grade emette tra un quarto e un terzo della CO2 prodotta da un ciclo combinato a gas, mentre il ricorso, sempre più frequente, a minerali meno ricchi di uranio porterebbero all’ emissione di quantità di CO2 maggiori di quella proveniente dagli impianti a gas.
Un reattore nucleare non finisce lì dove lavora: per rendere disponibile l’ energia contenuta nell’ uranio sono infatti necessari processi industriali.
Per semplicità è possibile distinguere il sistema nucleare nel modo seguente:
• trasformazione del minerale di uranio in elementi utilizzabili nei reattori;
• costruzione e operatività del reattore;
• gestione delle scorie radioattive e smantellamento delle centrali quando obsolete.
Queste attività comportano processi industriali che consumano elettricità, carburante per i trasporti, acqua, materiali vari, ed emettono anidride carbonica e altri gas.
Dunque, non si tratta di considerare soltanto l’ attività del reattore, ma L’ INTERO PROCESSO, che é ben lungi dall’ essere privo di emissioni inquinanti (in aggiunta alle scorie naturalmente!).
Infine ognuna di queste attività comporta il rilascio nella biosfera di radiazioni, l’ utilizzo di enormi quantità di acqua, la sottrazione per centinaia di anni di ingenti porzioni di territorio per la costruzione delle centrali, e dei depositi per lo stoccaggio del combustibile esaurito e di tutto il materiale reso radioattivo.
Secondo punto: il nucleare è veramente carbon free, cioè energia economica ? Uno studio australiano mette in evidenza i crescenti costi dell’ estrazione dell’ uranio, anche in termini di emissioni dannose per il clima.
In tempo di lotta ai cambiamenti climatici il nucleare ha attirato su di sé l’ interesse e le speranze di molti. Ma quanto è veramente carbon free la tecnologia dell’ atomo ? Bisognerebbe a rigore guardare a tutte le fasi del ciclo produttivo nucleare, dall’ estrazione dell’ uranio al suo trattamento e trasporto, fino alla costruzione delle centrali e allo smaltimento delle scorie. Uno studio realizzato da accademici australiani si sofferma sui costi anche in termini di emissioni di CO2 dell’ estrazione dell’ uranio, il carburante delle centrali nucleari.
L’ ammontare dell’ uranio recuperabile, dato in qualche modo incerto – si legge sullo studio degli scienziati australiani – è chiaramente legato allo sforzo esplorativo, alla tecnologia e all’ economia, ma anche a costi ambientali come il consumo di energia, acqua e sostanze chimiche e l’ emissione di gas serra.
I costi per l’ estrazione, secondo Gavin M. Mudd e Mark Diesendorf della Monash University di Sidney, sono poi destinati a salire. Vista l’ esplorazione massiva degli ultimi 50 anni – spiegano gli accademici nello studio uscito sulla rivista “Environmental Science and Technology” – ogni nuovo deposito trovato sarà con ogni probabilità più in profondità rispetto agli altri.
Inoltre, la tendenza a livello mondiale nell’ ultimo mezzo secolo è un costante declino nel grado di purezza del minerale grezzo: il grado di purezza medio negli Satati Uniti, ad esempio, è un terzo di quello che era negli anni ’50. Dunque in futuro occorrerà scavare di più e si otterrà anche materiale di più bassa qualità che dunque farà spendere più energia anche in fase di lavorazione.
Nel tempo, con il declino del grado di purezza del minerale grezzo e per la maggiore richiesta di energia per la produzione dell’ uranio, il nucleare andrà verso un’ intensità di emissioni di CO2 sempre più alta, che potrà divenire simile a quella dell’ elettricità da gas naturale – spiega Mudd a Science Live – e questo potrebbe accadere tra qualche decennio anche se è difficile quantificarlo con precisione.
Fonte: Uranium Supply Decline Clouds Nuclear
A cura di Manuela Torregiani