Un cuore scompensato è incapace di immettere nel circolo sanguigno una quantità adeguata di sangue. Il risultato è che cellule e tessuti non hanno l’energia e il nutrimento sufficienti a lavorare correttamente. La persona, quindi, è limitata nello svolgimento delle sue attività quotidiani e non riesce a condurre una vita normale. La causa più comune dello scompenso cardiaco è l’infarto: la parte del cuore infartuata, si trasforma in tessuto fibrotico e, quindi, diminuisce la sua capacità di pompare sangue. In altri casi, lo scompenso cardiacoo è causato da una miocardite infettiva. Inoltre alla base dell’insufficienza cardiaca possono esserci anche ipertensione, malattie delle cellule muscolari del cuore, disfunzioni delle valvole cardiache e aritmie.
I sintomi più caratteristici e comuni dello scompenso cardiaco sono il respiro difficoltoso e l’affanno. Inizialmente, si manifestano dopo aver compiuto sforzi di una certa intensità, poi anche quando la persona è a riposo. Spesso l’affanno è accompagnato da gonfiore alle caviglie e senso di stanchezza continuo. Possono comparire anche altri disturbi, come palpitazioni e aumento del battito cardiaco, senso di vertigine, variazioni di peso ingiustificate, confusione o irritabilità, perdita dell’appetito, tensione addominale.
Se viene trascurato o non viene curato, lo scompenso cardiaco può provocare complicazioni anche a carico del cervello o l’intestino. La persona potrebbe andare incontro a problemi addominali, difficoltà di memoria, disturbi del linguaggio.
Quando lo scompenso cardiaco non è grave, spesso sono sufficienti i farmaci per controllare la situazione. Oggi le molecole più utilizzare sono gli ACE-inibitori, che dilatano le arterie, abbassano la pressione del sangue e migliorano la funzionalità del miocardio: azioni che facilitano la circolazione sanguigna e l’attività cardiaca, proteggendo il cuore. Se la persona è intollerante o allergica agli ACE-inibitori, si può ricorrere a farmaci che funzionano in modo simile a questi ultimi: i sartani (ARB, Angiotensin receptor blockers).
Per lo scompenso cardiaco sono indicati anche i betabloccanti, che riducono la frequenza cardiaca e migliorano la funzionalità del miocardio. La cura può basarsi sugli antialdosteronici che combattono la fibrosi cardiaca, abbassando il tasso di morte improvvisa e i ricoveri ospedalieri. In genere, la cura dura per lunghi periodi. Tutte queste molecole possono essere usate sole o in associazione fra loro.
Quando la situazione è più complicata, si può optare per la terapia di risincronizzazione cardiaca, un trattamento che prevede l’utilizzo di un dispositivo simile a un pacemaker, ma che trasmette stimoli elettrici a entrambi i lati del cuore. Il risultato è che risincronizza e, allo stesso tempo, migliora l’azione di pompa del muscolo cardiaco. Il dispositivo viene impiantato vicino al cuore attraverso un intervento in anestesia locale e funziona con una batteria, che dura qualche anno. Se lo scompenso cardiaco è in fase avanzata non rimane che il trapianto del cuore.