Si tratta di un disturbo generale dell’iniziativa o di quello che in inglese si chiama “drive”(motivazione a muoversi) che coinvolge le sfere: comportamentale (una persona fa molte meno cose); cognitiva (perdita di interesse verso le cose a cui prima si dava particolare importanza); emozionale (gli avvenimenti e le esperienze toccano la persona in maniera molto marginale). L’apatia è, quindi, una serie di segnali negativi o assenza di sintomi o comportamenti positivi che connotano il proprio agire. Il sintomo principale dell’apatia è la perdita di iniziativa e di interesse. Può essere confusa con la depressione, ma riguarda in modo esteso le proprie attività nel loro insieme. L’iniziativa umana che porta all’agire riguarda una serie di azioni che vanno dal prendere un bicchiere perché si ha sete, a scegliere un libro da leggere, a programmare nel tempo iniziative che permettano di seguire i sogni o le mete della vita pubblica e personale. L’apatia è una mancanza di interesse, di sforzi finalizzati nel fare nuove esperienze, dalle più semplici a quelle di più importante significato.
Tutti prima o poi soffrono di apatia, per distinguerla da una malattia vera e propria bisogna stare attenti a una serie di sintomi che possono comportare una perdita di iniziativa e di interesse nelle varie sfere della vita, per esempio attività per le quali si è sempre stati appassionati, dalla musica al calcio, o sentirsi emotivamente poco coinvolti da persone molto vicine. Il campanello d’allarme è ancora più forte se la persona ha superati i 50 anni di età e ci è un cambio di comportamento persistente, in questi casi l’apatia può essere l’inizio di una malattia complessa.
Se, invece, questo cambiamento riguarda periodi brevi e aspetti limitati o selettivi del comportamento, il rischio di malattia è decisamente può basso. Quindi, se il disturbo dura nel tempo è consigliabile consultare il medico, considerando che l’accumularsi di una strana pigrizia che toglie la capacità di fare, ideare, progettare, può essere l’inizio di una malattia degenerativa.
Dell’apatia come malattia, che non si riferisce a brevi periodi della vita ma persiste nel tempo, non si conoscono ancora le cause, ma si può sospettare che vi siano coinvolte le vie dopaminergiche, vale a dire le sostanze che riguardano il neurotrasmettitore dopamina. L’apatia può avere anche origini genetiche, soprattutto per il coinvolgimento di geni che regolano appunto il metabolismo della dopamina.
È probabile che vi sia un’interazione tra fattori ambientali e una predisposizione genetica alla base dell’apatia. Molto dipende dalle condizioni in cui un individuo cresce, dall’affetto che riceve, dalla fiducia che viene data, dai successi e insuccessi che incontra. Le esperienze personali possono influire nei rapporti con gli altri e l’ambiente circostante.
L’apatia non è una malattia, ma una serie di sintomi che possono nascondere vari malesseri: ecco perché il primo passo è giungere a una diagnosi, per esempio scoprendo una malattia neurodegenerativa e intervenendo subito. Le prime manifestazioni di Parkinson e Alzheimer sono la svogliatezza e la scarsa emozionalità. Il percorso diagnostico si effettua con l’aiuto dei familiari, considerando che il malato non sempre è in grado di riferire i propri disturbi per limitata conoscenza della malattia stessa e per lo scarso aiuto che riceve dalla sua memoria. Dalle malattie neurodegenerative non si guarisce, ma è possibile intervenire sui sintomi.