La nuova frontiera della chirurgia è rappresentata dall’autotrapianto di isole pancreatiche, uno dei due tipi di cellule che costituiscono il pancreas, per la cura del diabete di tipo 1, la forma caratterizzata dall’incapacità dell’organismo di produrre insulina. Si tratta di un intervento altamente specialistico, che in Italia è stato realizzato per la prima volta all’ospedale San Raffaele di Milano e, recentemente, all’Istituto clinico Humanitas di Rozzano (Milano), in collaborazione con il San Raffaele. L’obiettivo è quello di sopperire alla mancata produzione di insulina attraverso l’infusione nelle vene del fegato di nuove isole pancratiche provenienti da un donatore.
La novità è rappresentata dall’autotrapianto di isole pancreatiche, ossia dal trapianto di isole prelevate non dal pancreas di un estraneo, bensì da quello della stessa persona che le riceve. Attualmente, in tutto il mondo sono stati eseguiti circa 30 interventi di questo tipo, e una decina di questi è stata fatta in Italia.
Attraverso l’autotrapianto delle isole pancratiche, in pratica, si cercano di evitare le conseguenze dell’asportazione completa del pancreas nel tentativo di impedire che il malato vada incontro a una mancata produzione di insulina, che causa inevitabilmente il diabete. Tale trattamento, di conseguenza, non impedisce che le cuciture eseguite dopo l’asportazione della testa del pancreas si sfaldino e portino a un secondo intervento, ma evita le complicanze di questo secondo intervento, ossia la comparsa di una forma seria di diabete.
L’autotrapianto di isole pancreatiche è riservato a situazioni specifiche. Oggi viene eseguito in pochissimi centri al mondo e su quei malati che devono essere sottoposti all’asportazione di un tumore della testa (la parte superiore) dell’organo stesso. In caso di tumore, infatti, in genere si interviene chirurgicamente per togliere la parte malata, lasciando il corpo centrale e la parte terminale del pancreas, la cosiddetta coda, che vengono collegati all’intestino, in modo da poter riversare i loro prodotti direttamente nell’organo.
Talvolta, però, i punti di sutura non tengono: coda e corpo del pancreas si possono staccare dall’intestino, creando complicanze anche serie, come emorragie e versamenti interni. Di conseguenza, si deve intervenire nuovamente asportando tutto l’organo. Senza pancreas, però, la persona sviluppa una forma seria di diabete.
enzo barozzi 29 Settembre 2011 il 15:32
Molto interessante se solo così si può dire. chiedo solo se l’intervento può essere utile e con quale rischio in paziente molto giovane ( circa 8 anni)con patologia diabetica di possibile natura tipo 2 di natura autoimmune.