Niente più chirurgia per i tumori benigni, che colpiscono molte donne in età fertile, grazie a una tecnica ultrasoft che evita anche l’anestesia. La nuova arma? Solo un fascio di ultrasuoni ad alta potenza che bombarda la zona malata a colpi di calore
Mestruazioni abbondanti, addome gonfio e teso, frequenti disturbi alla vescica urinaria e all’intestino per colpa di un utero diventato molto voluminoso. Sono i sintomi causati dai miomi (meglio conosciuti come fibromi (tumori benigni dell’utero che danno del filo da torcere al 12 per cento delle donne italiane. Grazie a una nuovissima tecnica, possono essere bruciati dall’esterno senza ricorrere all’intervento chirurgico. Ecco come funziona.
Ultrasuoni super concentrati
Hai presente gli ultrasuoni che vengono utilizzati per fare un’ecografia? In questo caso vengono utilizzati a una frequenza minore ma a una potenza sensibilmente maggiore perchè, grazie a un sistema elettronico, vengono fatti convergere, in modo focalizzato, sulle cellule del fibroma. In pratica, la donna si stende a pancia in giù all’interno della macchina della risonanza magnetica (la testa rimane fuori) e appoggia l’addome su un materassino di gel conduttore, utile a far penetrare gli ultrasuoni. Sotto, c’è la sorgente che spara il fascio di raggi killer sul fibroma, sotto la guida della risonanza che permette di visualizzare punto per punto il bersaglio da colpire.
Nell’area irradiata dagli ultrasuoni, la temperatura supera i 70 gradi, ma la donna non avverte calore e, quindi, non occorre l’anestesia: sente solo qualche punturina simile a uno spillo. La procedura, però, è lunga: da due a quattro ore a seconda delle dimensioni del fibroma.
Chi può sottoporsi agli ultrasioni
La nuova tecnica, che si esegue in day hospital, è indicata alle donne che hanno fibromi non superiori ai 10 centimetri e che non siano peduncolati, cioè legati all’utero da un sottile peduncolo e perciò portati a svilupparsi verso l’esterno.
Dove si possono fare gli ultrasuoni
Viene eseguita anche al Policlinico Umberto I di Roma e presso l’Ospedale San Raffaele – G. Giglio di Cefalù (Pa).