È uno dei pochi che possono essere prevenuto o scoperti subito, il tumore del collo dell’utero è il secondo più frequente nella popolazione femminile mondiale, subito dopo quello al seno. A differenza di molti altri, la sua origine è virale: è il Papilloma virus, conosciuto anche come Hpv, a infettare le mucose dell’utero e a dare origine a questo tumore che ogni anno nel mondo fa registrare 500 mila nuovi casi. Le possibilità di sconfiggerlo oggi sono tante e partono dalla prevenzione.
Esistono circa 150 tipi di Hpv, ma solo 13-15 tra i 40 che infettano le mucose genitali danno luogo al tumore del collo dell’utero, il virus si trasmette attraverso i rapporti sessuali e quindi la popolazione femminile più a rischio è quella giovanile, soprattutto tra i 14 e i 21 anni, e raggiunge il suo picco tra i 20 e i 25 anni. L’infezione da Hpv è priva di sintomi, tanto che la maggior parte delle persone che la contrae non se ne accorge nessuno.
Due armi efficaci per riconoscere precocemente il tumore del collo dell’utero sono il Pap test e l’Hpv test. Entrambi prevedono un prelievo delle cellule del collo dell’utero tramite un tampone, ma se il primo riconosce la presenza o meno di cellule tumorali, il secondo test è più specifico e perché ha la capacità di individuare direttamente il Dna del Papilloma virus.
Inoltre, l’Hpv test è molto più affidabile: se il Pap test ha un’efficacia pari a circa il 55 per cento, l’Hpv test ha la possibilità di riconoscere la presenza del tumore del collo dell’utero pari al 98 per cento.
Per questo motivo si raccomanda alle donne di effettuare lo screening che utilizza entrambi gli esami, soprattutto dopo i trent’anni: si ritiene, infatti, che prima di allora il Papilloma virus possa essere eliminato più facilmente dal sistema di difesa dell’organismo della donna.
Questi controlli permettono di ridurre la mortalità del tumore del collo dell’utero fino all’80 per cento e di individuare la malattia a molto iniziali. Anche le donne che si sono vaccinate in giovane età debbono sottoporsi allo screening: la vaccinazione, infatti, non protegge certi altri tipi di virus.
Il tumore del collo dell’utero viene classificato dagli esperti in due tipologie, in base alle cellule da cui prende origine.
Carcinoma a cellule squamose
La popolazione femminile a rischio è quella tra i 40 e i 50 anni ed è un tumore che si sviluppa dalle cellule squamose che rivestono il collo dell’utero. Rappresenta l’80 per cento dei tumori della cervice.
Adenocarcinoma ghiandolare
Rappresenta il 15 per cento dei casi ed è più frequente nelle donne tra i 50 e i 70 anni. Colpisce le cellule ghiandolari che hanno il compito di secernere il muco vaginale.