Il Corriere della Sera ha ripreso un artico di cui è autrice Naomi Wolf, nota scrittrice americana femminista, che riprende il discorso delle pericolosissime protesi al silicone Pip, che hanno creato un allarme inizialmente solo in Francia e poi sviluppatosi in tutto il mondo. Una ricerca ossessiva della forma fisica a tutti i costi, ma anche la necessità dopo un intervento chirurgico devastante, porta le donne a dover ricorrere ad impiantarsi delle protesi al seno. Se tutti fossero onesti, soprattutto i luminari, potrebbe trattarsi di un intervento di routine, ma così non è.
É il caso delle protesi ritirate dal mercato europeo nel 2010, per le quali si utilizzava silicone industriale e non per uso medico, contando sulla vanità, o necessità a seconda dei casi, e sulla disponibilità economica, ed approfittando del boom di interventi, è stato accuratamente nascosto alle pazienti che il gel di qualità inferiore, in caso di perdite, avrebbe potuto portare a infiammazione e dolore ed un probabile cancro al seno, anche se non è mai stato provato.
Naomi Wolf racconta che nella ricerca del materiali necessario per scrivere il suo ultimo libro “Il mito della bellezza”, aveva letto sulla stampa medica specializzata notizie davvero allarmanti che l’avevano scioccata. Se i giornali pubblicizzavano e spingevano la moda di rifarsi il seno, le riviste specializzate offrivano ai chirurghi polizze assicurative per tutelarsi da eventuali rotture, con un lungo elenco di effetti collaterali, per il 70 per cento di possibilità di eventuali rotture, fra cui l’infiltrazione del silicone nei tessuti circostanti ed in altre parti del corpo, senza sapere però, quali avrebbero potuto essere le conseguenze.
Se negli Stati Uniti hanno provveduto a ritirare le protesi “assassine” fin dal 1992, non è stato così in Gran Bretagna, nessun organo governativo aveva in qualche modo tutelato le donne, a vantaggio dell’accumulo di ingenti fortune per soddisfare le esigenze delle donne. La conseguenza è che il governo britannico sostituirà, probabilmente, le protesi, ma per le donne che saranno costrette a farlo, sarà un ennesimo choc.
Le promesse di ogni nuova generazione di protesi sono di essere migliori delle precedenti e più sicure, il fatto è che non vengono fatti accertamenti preventivi che possano dare una garanzia totale che non saranno dannose alla salute. Il dramma è che le cavie saranno sempre e solo le donne che, spinte dalla voglia di apparire, si rivolgono al chirurgo, non sapendo a quale destino andranno incontro.
Nessun chirurgo spiegherà mai quali siano le reali conseguenze a cui si va incontro sottoponendosi ad un impianto di protesi al silicone. E’ un business, ci sono in ballo milioni a cui nessuno mai rinuncerà, e poco importa se si uccide una donna. Se il mal comune è mezzo gaudio, diciamo che non è solo un fenomeno italiano, ma a livello mondiale. La triste conclusione è che le donne sono destinate ad essere davvero le cavie di questo mercato che arricchirà il chirurgo ma sottoporrà le donne a rischiare la vita per avere un paio di taglie in più.
Photo credit: DiggPirate su Flickr
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