La salute delle gengive non va trascurata, perchè le infiammazioni croniche o frequenti portano a malattie più gravi come la piorrea. La gengivite è il disturbo più frequente che si rivela con sintomi molto evidenti. Da rosa tenue diventano, spesso, rosso fulvo, a volte si gonfiano e sanguinano per niente, non riuscendo neanche più a sopportore l’uso dello spazzolino. La gengivite interessa oltre il 70 per cento degli italiani.
Tutta colpa della placca batterica, un insieme di microrganismi che si depositano sui denti e sul colletto dentale, aggredendo questi tessuti e rendendoli particolarmente fragili e facili al sanguinamento. A volte la placca batterica aumenta al punto da trasformarsi in tartaro, quella patina grigia, giallastra o bruna visibile a occhio nudo, che si deposita in corrispondenza dei più grandi sbocchi delle ghiandole salivari.
Per questa ragione, le più colpite dal tartaro sono le superfici interne degli incisivi inferiori e quelle esterne dei primi molari superiori. Nemica delle gengive, la superplacca può causare gengiviti molto fastidiose che possono diventare croniche. La causa del tartaro c’è spesso una cattiva igiene orale, partendo dall’uso dello spazzolino, innanzizutto usarlo mattina e sera, tutte le sere il filo interdentale. I movimenti non devono essere verticali, avanti e indietro ma occorre posizionare le setole a livello delle gengive e ruotarle verso l’esterno del dente: dall’alto verso il basso per l’arcata speriore, sia dal lato esterno che da quello interno senza tralasciare le superfici che masticano.
Le continue gengiviti portano alla piorrea, il ternine esatto è malattia paradontale, colpisce il parodonto, cioè la struttura di sostegno dei denti, nascosta sotto le gengive e composta dsll’osso alveolare, dal legamento paradontale e dal cemento radicolare. Con il tempo, l’osso finisce per ritirarsi formando degli spazi vuoti tra le radici del dente e le gengive, chiamate tasche paradontali.
Cosa fare in caso di piorrea? Dipende dal grado di distacco, per le forme meno gravi, saranno sufficienti una o più sedute di ablazione del tartaro, seguite da una levigatura per la quale si utilizza un particolare strumento a forma di cucchiano che rimuove il tartaro. In alcuni casi può essere associata una terapia antibiotica per bocca, per ridurre la carica batterica. Se, invece, le tasche sono più profonde, il dentista può optare per un intervento di chirurgia paradontale. L’intervento non è doloroso perchè eseguito in anestesia locale.
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