L’inquinamento atmosferico è ormai una realtà, fra le tante cause, anche la frutta importata provoca l’inquinamento. L’Italia è un paese che produce frutta e verdura in abbondanza per soddisfare tutte le necessità degli italiani ma, per una questione di costi ed interesse, la tendenza è quella di ricorrere ai paesi stranieri per mettere sulle nostre tavole sia frutta che si coltiva anche nel Vecchio Stivale che frutti esotici.
Così, dall’Australia arrivano le albicocche, dal Cile ciliegie e pesche, dall’Argentina i mirtilli. Per fare un esempio, l’Italia è uno dei paesi principali in cui ci sono vaste coltivazioni di albicocche, prima fra tutti l’Emilia Romagna, seguita da Campania e Basilicata.
Stesso discosrso per le ciliegie, la Puglia è la prima regione produttrice di ciliegie in Italia, seguita dalla Campania e dal Veneto. La ciliegia di Marostica è l’unica a fregiarsi del marchio europeo di qualità IGP. Nella produzione mondiale l’Italia riveste un ruolo di primo piano, in Europa è storico il confronto con la Germania.
Secondo una indagine della Coldiretti, importare frutta provoca l’inquinamento perchè si spreca energia e contribuisce ad aggravare l’effetto serra a causa all’emissione di gas durante i lunghi trasporti per arrivare in Italia. La Coldiretti ha messo nero su bianco i calcoli dannosi. Le albicocche, per arrivare in Italia, devono viaggiare per oltre 16 mila chilometri, che tradotto significa 9,4 chili di petrolio e 29,3 chili di anidride carbonica.
Non va meglio per le ciliegie importate dal Cile, un chilo dello squisito frutto, di chilometri ne deve percorrere 12 mila, consumando 6,9 chili di petrolio con emissione di 21,6 chili di anidride carbonica. Dall’Argentina arrivano i mirtilli, un chilo di questo frutto deve percorrere 11 mila chilometri e consuma 6,4 chili di petrolio che bruciano 20,1 di anidride carbonica se trasportato in aereo, più il trasporto via terra per arrivare alle località di destinazione.
Potremmo scrivere decine e decine di esempi, e continuiamo con le angurie che arrivano dal lontanissimo Brasle, le more dal Messico, gli asparagi dal Perù, i meloni dal Guadalupe e i fagiolini dall’Egitto.
La nuova tendenza degli italiani, però, come segnala la Coldiretti, è sempre più quella di rivolgersi ai cibi a chilometro zero, dunque, per la spesa estiva degli italiani, nei vari appuntamenti si sono spesi circa un miliardo di euro, in quasi 18 mila appuntamenti su tutto il territorio fra spacci aziendali, chioschi, bancarelle, sagre e mercati.
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