E’ stato oramai ribattezzato “effetto Jolie“, ossia il boom di richieste per test genetici per rilevare la presenza di geni difettosi che aumentano le possibilità di cancro al seno; l’attrice che ha dichiarato di essersi sottoposta a doppia mastectomia ha scatenato una specie di psicosi e, all’Unità di Diagnosi e Terapia in Senologia del Sant’Andrea a Roma sono molte le donne che chiamano anche per avere informazioni. Come spiegato dalla responsabile Adriana Bonifacino
Chiamano per sapere se possono fare il test o se sono eleggibili per fare consulenza genetica. L’effetto Jolie è stato uno tsunami, anche perchè trova una popolazione impaurita e poco informata in fatto di prevenzione
Ed ancora
Il messaggio che è passato è “Ho paura del cancro e mi tolgo le mammelle”. Qui parliamo invece di un rischio concreto di una popolazione che si è sottoposta a un test avendo le caratteristiche familiari per sottoporsi ad una consulenza genetica
Quello che è emerso infatti è che ci sia molta confusione tra le donne su chi può sottoporsi nel nostro paese a questo tipo di test; la Bonifacino a questo proposito spiega
Secondo i protocolli internazionali adottati nel nostro Paese, per sottoporre al test le persone sane è necessario che nel familiare affetto dalla malattia sia dimostrata la presenza della mutazione
Quindi secondo la Bonifacino
E’ inutile fare il test a tutta la popolazione. Innanzitutto solo sapendo qual è il gene malato so cosa cercare nel soggetto sano
Quindi la mastectomia andrebbe vista solo come ultima soluzione e casomai solo dai soggetti con mutazione dei geni ma prima di ricorrere a questo intervento drastico chi ha questa mutazione dovrebbe comunque sia prendere in considerazione anche tutte le altre possibilità entrando nei protocolli di prevenzione; dovrebbe quindi sottoporsi ad una risonanza magnetica all’anno a partire dai 25 anni, fare un’ecografia ogni sei mesi a partire dai 25 anni, di mammografie annuali a partire dai 30 anni. La seconda possibilità è la mammectomia, cioè l’asportazione della sola ghiandola mammaria e ricostruire il seno nel corso dello stesso intervento; la terza possibilità è una terapia farmacologica che però è ancora in fase sperimentale.
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