Finalmente una buona notizia per coloro i quali soffrono di diabete giovanile, di tipo 1. Esso potrebbe finalmente essere debellato grazie alla carnitina. Vale la pena andare con ordine per capire come si è giunti a questa (parziale) conclusione.
E’ importante in primo luogo sottolineare il gran lavoro svolto dai ricercatori, che hanno avuto a disposizione una banca dati senza paragoni per effettuare la ricerca di malattie metaboliche e genetiche che possono essere rintracciate nelle prime settimane di vita. Questo ha concesso di esaminare il profilo clinico neonatale dei sempre più numerosi bambini che si ammalano di diabete.
Lo studio ha messo a confronto i dati di 50 bambini che poi hanno sviluppato il diabete di tipo 1 nei primi 6 anni di vita con i dati di altri 200 b bimbi senza problemi di diabete e ha fatto emergere un elemento nuovo. “I bambini che svilupperanno questo tipo di diabete, rispetto alla popolazione di controllo, hanno valori più bassi delle carnitine”, spiega Sonia Toni Direttore del Centro regionale di Riferimento di Diabetologia pediatrica che in collaborazione con Barbara Piccini e con Giancarlo la Marca, direttore del Laboratorio screening neonatale allargato, coadiuvato da Sabrina Malvagia, ha individuato questa associazione.
Questi bassi livelli di carnitina impediscono la distruzione dei linfociti T autoreattivi a livello del timo. La permanenza di questi linfociti T nel tempo innesca la reazione autoimmune che andrà a distruggere le beta-cellule del pancreas. La diversità si configura principalmente a carico della carnitina libera e di alcuni suoi esteri ed è presente, seppure solo come trend negativo, anche per gli aminoacidi. Questo significa che oggi potremmo pensare di avere a disposizione una informazione estremamente precoce su chi svilupperà diabete tipo I. Un’informazione che, se sarà confermata la relazione in una prossima sperimentazione, potrebbe aprire la strada a un trattamento “precocissimo” del diabete giovanile.