Uno dei clichet più facili da confutare ma nel contempo più in auge, ogni qual volta si discute di alzheimer concerne l’assunto di far sentire i pazienti che soffrono di questa malattia come soggetti problematici, pesanti, stressanti. Una idea, questa, che spesso proviene dall’incapacità di canalizzare correttamente le loro attenzioni. La malattia è sicuramente una fortissima distrazione, una vera e propria deviazione. Ma a sua volta, forse, la malattia rende possibile deviare gli interessi dei malati di alzheimer verso altre sfere così da farli sentire utili anche quando essa si fortemente radicata all’interno del loro organismo.
Un esempio di questo percorso alternativo, che si configura in poche parole nel far sentire ‘utili’ i malati di alzheimer, proviene da Gallarate. Nella cittadina lombarda è partito il progetto Hotel A. Ovviamente, la lettera “A” sta per Alzheimer. Quello di Gallarate è un esperimento atipico per un istituto di ricovero per anziani malati. Al suo interno, i pazienti non sono passivi ma giocano un ruolo importante e dinamico anche nel modo di affrontare la malattia stessa. Il nuovo metodo consiste nella socializzazione e nel rendersi utili agli altri, secondo quanto dichiarano i ricercatori coordinati dal Dottor Predazzi, che stanno portando avanti questa sorta di terapia sociale.
Di conseguenza, l’Hotel A si configurerà come una struttura all’avanguardia dove non solo i malati di Alzheimer verranno accuditi ma potranno anche interfacciarsi con altre persone che vivono la loro stessa esperienza. La novità è che in questo luogo gli stessi pazienti possono dare una mano in cucina, essere protagonisti nelle feste, servire ai tavoli. In altri termini, potranno sentirsi vivi e utili, nonostante i tanti ostacoli causati proprio dalla malattia.