Continua il nostro viaggio che racconta dei cambiamenti che i canoni di bellezza femminile hanno subito nel corso della storia. Dopo aver visto l’Antico Egitto, l’Antica Grecia del 500-300 A.C. e il periodo della Dinastia cinese Han, arriviamo al Rinascimento italiano.
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In questo periodo, nell’Italia cattolica, il ruolo della donna era strettamente connesso a quello dell’uomo, che fosse Dio, suo padre o suo marito. La sua bellezza doveva riflettere lo status del marito, dunque gli standard massimi erano corpo morbido e rotondo, soprattutto nei fianchi e nei seni. Pelle molto chiara, capelli ramati, fronte alta.
Nell’Inghilterra dell’epoca vittoriana, gli standard femminili dovevano riflettere la sua posizione “materna” nella società. La regina Vittoria era ovviamente la donna più ammirata dell’epoca ed incarnava i valori di famiglia, moglie e madre. Ecco che dunque i corsetti si stringono in vita per renderla il più sottile possibile e dare alle donne l’aspetto a clessidra che evidenzia le forme femminili e che ne limita i movimenti, per tenerla lontana dai lavori fisici. I capelli lunghi erano un altro simbolo di femminilità.
Negli anni ’20, soprattutto negli Stati Uniti, le donne cominciano a conquistare una certa libertà. Le donne iniziano a non disdegnare look androgeni, non evidenziano i fianchi e tantomeno il seno, per una figura curveless e quasi da ragazzo.
Nell’età dell’oro di Hollywood, gli anni ’30 e ’50, impazzano quindi i modelli imposti dal cinema, donne prorompenti come Marilyn Monroe, curvilinee e dalla vita sottile.
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