Dopo avervi parlato della leucemia acuta, della leucemia acuta promielocitica, della leucemia acuta mieloide, della leucemia linfoide acuta, della leucemia linfoide cronica, riportiamo quanto si legge sul sito ail.it per quanto riguarda la leucemia mieloide cronica:
La leucemia mieloide cronica è un disordine dell’emopoiesi caratterizzato da una proliferazione e da un progressivo accumulo di cellule mature granulocitarie a livello midollare. E’ un disturbo clonale legato all’espansione di una cellula staminale già orientata, che mantiene la capacità iniziale di differenziarsi verso la linea dei globuli bianchi.
E’ una malattia che ha la massima incidenza tra i 50 e i 60 anni, colpisce prevalentemente il soggetto maschile ed è molto rara nei bambini. Non vi sono sicuri fattori in grado di determinare da un punto di vista eziologico tale patologia; l’unico fattore predisponente si pensa possa essere l’esposizione alle radiazioni ionizzanti.
Che cosa è il cromosoma Philadelphia?
Questa malattia è contraddistinta da una alterazione citogenetica tipica, dovuta ad una traslocazione tra i cromosomi 9 e 22, che è dimostrabile in tutti i precursori emopoietici. Questa traslocazione (scambio di materiale tra un cromosoma e l’altro) permette la giustapposizione di un oncogene (gene di regolazione), chiamato Abelson (abl) presente sul cromosoma 9, sulla regione del 22 chiamata breakpoint cluster region (bcr). La fusione di questi due porta alla formazione di un gene anomalo (bcr/abl) che a sua volta viene tradotto in una proteina di fusione ad azione tirosin-kinasica (regola le funzioni metaboliche cellulari) che è alla base della trasformazione leucemica.
Come si può presentare?
La leucemia mieloide cronica si può presentare in tre fasi diverse:
-fase cronica: quando sono presenti poche cellule blastiche nel midollo al di sotto del 5% e possono anche non esservi sintomi.
-fase accelerata: quando sono presenti più del 5% ma meno del 30% di blasti nel midollo e meno del 5% nel sangue periferico.
-crisi blastica: la percentuale di blasti è superiore al 30% nel midollo e/o al 5% nel sangue periferico.
Quali sono le manifestazioni?
E’ generalmente una diagnosi di laboratorio, quando avviene in fase cronica, perchè il paziente può essere asintomatico e scopre da normali analisi di routine di avere una leucocitosi (aumento dei globuli bianchi). L’emocromo rileva infatti una leucocitosi più o meno marcata; l’esame morfologico del sangue periferico dimostra la presenza di un aumento dei granulociti e dei loro precursori nelle fasi più mature. Si completa la diagnosi con l’esame citogenetico che permette di rilevare la t(9;22) tipica; a volte questa traslocazione è nascosta da altre alterazioni cromosomiche e si dice allora che è “mascherata”. In questi casi è necessario completare la diagnosi con metodiche di laboratorio più sensibili, quali la FISH (fluorescent in situ hybridization) che permette di vedere il punto di giunzione dei due cromosomi attraverso l’uso di una sonda molecolare marcata con una sostanza fluorescente o con la PCR (polymerase chain reaction) che permette di amplificare il DNA delle cellule e rilevare direttamente il punto di fusione e la lesione molecolare tipica.
Da un punto di vista clinico si può avere inoltre senso di ingombro addominale e di tensione epigastrica per la presenza di splenomegalia, che quando è spiccata, può determinare anche disturbi digestivi e dolore alla spalla sinistra.
Molto più rari altri sintomi quali quelli correlati ad un aumento del numero delle piastrine (trombosi) o per una leucocitosi importante che determina una situazione di iperviscosità a carico dei piccoli vasi (vertigini, senso di confusione, disturbi visivi, quando a carico dei vasi cerebrali o dell’occhio) o priapismo doloroso (erezione persistente, quando la trombosi è a carico dei corpi cavernosi del pene).
In fase accelerata possono comparire disturbi quali febbre, dolori ossei, sudorazione eccessiva, un ulteriore ingrandimento della milza o altre organomegalie.
Inoltre con la progressione in crisi blastica compaiono i segni di una infiltrazione midollare, quali anemizzazione grave, possibili gravi infezioni e piastrinopenia con gravi emorragie.
La fase accelerata e la crisi blastica, che possono comparire anche all’esordio o interrompere una fase di remissione dovuta alla terapia, si accompagnano generalmente ad altre alterazioni cromosomiche aggiuntive, quali una duplicazione del cromosoma Philadelphia o altre anomalie quali una trisomia del cromosoma 8 o l’isocromosoma 17.
Cosa dimostrano le analisi di laboratorio?
-emocromo: si rileva generalmente una leucocitosi con incremento degli elementi della serie granulocitaria, soprattutto i granulociti. Si possono rilevare inoltre una modesta anemia e una trombocitosi.
-analisi sierologiche: aumento del LDH e dell’uricemia, legati al rapido ricambio delle cellule.
-esame del midollo osseo: generalmente ipercellulare, è necessario per stabilire se la malattia è in fase cronica.
-esame citogenetico: si può effettuare sia dal sangue periferico che midollare, per la dimostrazione della t(9;22).
-biologia molecolare: permette di rilevare il punto di fusione e quindi la proteina che ne deriva.
Ci sono fattori prognostici?
Ci sono delle condizioni che possono influenzare il decorso della malattia, quali l’età>60 anni, le dimensioni della milza, il livello dei blasti midollari e periferici, etc. Diversi sono stati i gruppi che hanno studiato l’importanza di fattori prognostici nella LMC, ma uno dei più noti e che viene preso ancora in considerazione è quello di Sokal, che considera 4 parametri; l’età, le dimensioni della milza, il livello di piastrine, e la percentuale di blasti nel sangue periferico.
Si riescono a distinguere così 3 categorie di pazienti a basso, intermedio ed alto rischio che hanno sopravvivenza diversa.
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