Che cos’è il linfoma di Hodgkin e le terapie

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Dopo avervi parlato della leucemia acuta, della leucemia acuta promielocitica, della leucemia acuta mieloide, della leucemia linfoide acuta, della  leucemia linfoide cronicadella  leucemia mieloide cronica e dei linfomi non-Hodgkin, riportiamo quanto si legge sul sito ail.it per quanto riguarda il linfoma di Hodgkin:

Il linfoma di Hodgkin (LH) è una neoplasia del sistema emo-linfopoietico che si caratterizza per la presenza di un incremento dimensionale dei linfonodi, determinato dalla proliferazione di cellule neoplastiche chiamate cellule di Reed-Sternberg e cellule di Hodgkin, nel contesto di un infiltrato di cellule linfoidi di natura reattiva (neutrofili, eosinofili, monociti e macrofagi).
Epidemiologia: il LH ha una tipica distribuzione per età, con una maggiore incidenza nei soggetti di età intorno ai 30 anni e nei soggetti con età maggiore di 70 anni.
Eziopatogenesi: ad oggi non è stata ancora individuata una causa certa, ma diversi sono i fattori predisponenti conosciuti: il virus di Epstein-Barr (alcune proteine del virus, come EBNA-1 e LMP1 sono presenti nel 40% dei pazienti con LH), il virus della sindrome da immunodeficienza acquisita (HIV) e l’esposizione ad alcune sostanze tossiche (es. radiazioni, benzene). Sembrano giocare un ruolo anche i fattori genetici, sebbene non ci siano dati conclusivi in merito.
Diagnosi: la diagnosi di LH viene effettuata mediante biopsia escissionale di un linfonodo con successivo esame istologico; l’esecuzione della biopsia e la conservazione e la lavorazione del preparato devono essere adeguate perché fondamentali per un’ accurata diagnosi. Le tecniche di agoaspirato linfonodale non assicurano assolutamente l’attendibilità della diagnosi. Secondo la classificazione della World Health Organization (WHO) del 2008, è possibile distinguere 2 differenti forme di LH, che differiscono sostanzialmente per caratteristiche istologiche ed in parte cliniche: il LH classico e il LH a predominanza linfocitaria nodulare. Il LH classico è a sua volta distinto in 4 entità istopatologiche (varietà sclerosi nodulare, cellularità mista, deplezione linfocitaria e ricca in linfociti) che si caratterizzano tutte per l’espressione degli antigeni CD15 e CD30. Il LH a predominanza linfocitaria nodulare, invece, si caratterizza per l’espressione di alcuni antigeni non espressi nella forma classica (come l’antigene CD20) e per un andamento clinico generalmente più favorevole.
Manifestazioni cliniche: il sintomo più comune del LH è il riscontro di una o più tumefazioni linfonodali generalmente non associate a sintomi di rilievo. E’ possibile tuttavia che già all’esordio della malattia compaiano sintomi sistemici come prurito diffuso, spossatezza, perdita di peso non attribuibile a dieta specifica, sudorazioni profuse prevalentemente notturne e febbre intermittente. Le stazioni linfonodali più comunemente coinvolte alla diagnosi, sono quelle laterocervicali (ai lati del collo), sovraclaveari (sopra la clavicola) e mediastiniche (nello spazio toracico dietro lo sterno). Dalla localizzazione iniziale, la malattia tende a diffondersi in senso assiale, interessando per contiguità le strutture vicine. La diffusione extra-linfatica avviene per estensione diretta della massa linfonodale o per disseminazione attraverso il sangue. Se la localizzazione è profonda vi possono essere i sintomi di una compromissione di organo dovuti o direttamente all’infiltrazione da parte della malattia o indirettamente per fenomeni di compressione. Le localizzazioni extra-nodali (in sedi differenti dai linfonodi) poco frequenti all’esordio, possono manifestarsi più spesso in fase avanzata con interessamento dello scheletro, del polmone, del fegato e di altri organi. Inoltre in tutti i pazienti può essere presente un deficit dell’immunità cellulo-mediata con una riduzione dei linfociti T helper, che espone i pazienti a possibili infezioni.
Stadiazione: una volta effettuata la diagnosi, il paziente deve essere sottoposto a differenti esami clinico-strumentali al fine di stabilire lo stadio della malattia (cioè la sua estensione) e di individuare i fattori prognostici. Per tale motivo il paziente sarà sottoposto a:

Esami ematici completi, compresi indici di flogosi (VES, Proteina C reattiva, beta2-microglobulina, ferritina, funzionalità tiroidea);
Radiografia del torace standard in 2 proiezioni;
TC total body con mdc;
Tomografia ad emissione di positroni (PET);
Biopsia osteomidollare (per escludere eventuale coinvolgimento del midollo osseo).

Il più comune sistema di stadiazione attualmente in uso è quello di Ann-Arbor, che prevede 4 diversi stadi:
STADIO I   interessamento di un solo linfonodo o di una sola stazione linfatica (uno o più linfonodi contigui);
STADIO II   interessamento di due o più stazioni linfonodali sopra o sotto il diaframma;
STADIO III   interessamento di stazioni linfonodali sopra e sotto il diaframma;
STADIO IV   interessamento di strutture extralinfonodali con o senza coinvolgimento linfonodale.
Si distinguono poi in stadio A o B per l’assenza o la presenza di sintomi sistemici (febbre, dimagrimento, sudorazione). La lettera S viene usata per indicare il coinvolgimento splenico. Il termine Bulky viene usato per identificare una grossa massa tumorale (massa mediastinica il cui diametro è > di un terzo del diametro trasverso del torace calcolato all’altezza della quinta o sesta vertebra dorsale in una radiografia standard del torace, oppure massa linfonodale di dimensioni > 10 cm).
Fattori prognostici: i principali fattori prognostici sfavorevoli del LH sono età > 45 anni, VES > 50 mm/h alla diagnosi, presenza di sintomi B, leucocitosi alla diagnosi (globuli bianchi > 15.000/mmc), linfopenia alla diagnosi (linfociti < 1.000/mmc), albumina < 4 gr/dl, sesso maschile, malattia bulky, coinvolgimento di più di 4 regioni linfonodali e coinvolgimento di sedi extra-nodali alla diagnosi.

Continua…

Photo Credits |Alex_Traksel/ Shutterstock

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