Ci sono dei cibi che si devono considerare contaminati e per quanto il sapore sia gradevole, bisogna capire che non fanno bene come sembra alla nostra salute. Ecco allora che arriva anche lo stop della Coldiretti.
Nella top 10 figurano fragole e arance egiziane ma anche la menta marocchina. Ecco di seguito l’elenco, con annessa percentuale di prodotti irregolari importati in Italia:
1. Broccoli dalla Cina (92%)
2. Prezzemolo dal Vietnam (78%)
3. Basilico dall’India (60%)
4. Melagrane dall’Egitto (33%)
5. Peperoncino dalla Thailandia (21%)
6. Menta dal Marocco (15%)
7. Meloni e cocomeri dalla Repubblica Dominicana (14%)
8. Fragole dall’Egitto (11%)
9. Piselli dal Kenya (10%)
10. Arance dall’Egitto (5%)
Si deve partire da questi dati per comprendere l’essenza dello studio che è stato condotto sulla base dei dati dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa), diffusi nel Rapporto 2015 sui Residui dei fitosanitari in Europa.
“Anche nel 2015 – ricorda la Coldiretti – la Cina ha conquistato il primato nel numero di notifiche per prodotti alimentari irregolari, perché contaminati dalla presenza di micotossine, additivi e coloranti al di fuori dalle norme di legge. Su un totale di 2967 allarmi per irregolarità segnalate in Europa, ben 386 (15 per cento) – precisa la Coldiretti – hanno riguardato il gigante asiatico che in Italia nello stesso anno ha praticamente quintuplicato (+379%) le esportazioni di concentrato di pomodoro che hanno raggiunto circa 67 milioni di chili nel 2015, pari a circa il 10 per cento della produzione nazionale in pomodoro fresco equivalente”.
Secondo la Coldiretti bisogna ricordare che per contrastare questo fenomeno c’è sempre la nostra agricoltura di riferimento: in Italia, infatti l’agricoltura è la più green d’Europa con 281 prodotti a denominazione di origine (Dop/Igp), il divieto all’utilizzo degli OGM e il maggior numero di aziende biologiche, ma è anche al vertice della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,4%), quota inferiore di quasi 4 volte rispetto alla media europea (1,4%) e di quasi 20 volte quella dei prodotti extracomunitari (7,5%).