L’area in cui si è verificato il fenomeno è completamente impermeabilizzata e circoscritta da appositi cordoli che hanno la funzione di prevenire potenziali sversamenti di materiale residuo che può depositarsi durante le operazioni di carico-scarico. A causa dei fenomeni atmosferici particolarmente intensi che hanno insistito su Taranto negli ultimi giorni, l’acqua si è accumulata in quantità straordinaria.
Già nel fine settimana, l’azienda si è attivata tempestivamente richiedendo l’intervento di una ditta autorizzata per aspirare l’acqua in eccesso. Nella sola giornata di oggi ne sono state rimosse circa 100 tonnellate. L’attività di rimozione e monitoraggio sta continuando e proseguirà anche nelle prossime ore.
E’ questa la risposta di alcune fonti vicine all’Ilva di Taranto per spiegare l’accumulo di acqua nel quartiere Tamburi e nelle immediate vicinanze dello stabilimento siderurgico. Una presa di posizione per spiegare che l’impegno dell’azienda nell’attività di rimozione dell’acqua in eccesso e monitoraggio non è mancato, ma ha incontrato le oggettive difficoltà che si sono verificate anche nel resto della città. Ad alimentare le polemiche, la foto di un fiume rosso davanti allo stabilimento, pubblicata dalla pagina Facebook “Solo a Taranto”. Un’immagine ripresa anche dalla pagina “Briganti”, secondo cui il colore rosso sarebbe derivato dalla contaminazione dei minerali dell’Ilva, e diventata ben presto virale, tanto da convincere il comitato “Genitori Tarantini” ad inviare una lettera di protesta al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e ai ministri Calenda (Sviluppo Economico) e Galletti (Ambiente).
Tutta la città di Taranto è stata messa in ginocchio dalle forti piogge e i disagi hanno creato comprensibile malcontento e nervosismo. Ma a farne le spese, ancora una volta, sembra proprio essere il maggior capro espiatorio dei guai tarantini: l’Ilva di Taranto, per l’appunto, costretta per l’ennesima volta a difendersi dalle accuse. Certo è che una notizia del genere dimostra ulteriormente l’estrema necessità della copertura dei parchi minerari, ormai avviata.