Lo stress, termine che fra l’altro fu introdotto nei primi anni ’90 dal fisiologo Hans Seyle, definisce una condizione di attivazione fisiologica come risposta individuale ad agenti esterni e/o interni (eccessiva mole di lavoro, emozioni, fatiche, variazioni termiche improvvise, eccetera), senza la quale verrebbe a mancare un fondamentale meccanismo di adattamento. Dal punto di vista biochimico fisiologico, gli effetti dello stress dipendono dall’aumento della secrezione di ormoni della midollare e della corticale surrenatica, in una sequenza di eventi che culminano nell’immissione in circolo di catecolamine e corticosteroidi.
Il punto di partenza di tale sequenza è la corteccia cerebrale che attiva il sistema limbico e che, a sua volta, invia stimoli all’ippotamo. I mediatori ipotalamici inducono un aumento dell’attività del sistema nervoso simpatico, che predispone i vari tessuti a reagire nei confronti dell’emergenza.
Quando l’organismo è sottoposto a una serie troppo numerosa, prolungata e intensa di stress (stimoli di diversa natura che portano l’organismo e la psiche allo stress), mancando i necessari intervalli di recupero, la reazione di stress passa a una fase di resistenza che si protrae e spesso si conclude con l’esaurimento dei meccanismi difensivi. Da questo momento esistono le premesse per lo svilupparsi di patologie da stress. Occorre quindi distinguere tra stress e stress.
A far paura non è la situazione acuta, legata per esempio a un test professionale o a un colloquio importante, quanto la tensione cronica che si scarica sull’organismo. Quando il carico di lavoro e la tensione emotiva diventano eccessivi, quando i problemi superano le capacità di gestirli, quando la motivazione manca o quando non si riesce più ad avere il controllo della situazione, ecco che possono iniziare i problemi.
Non si muore di lavoro. Ma sicuramente si rischia di stare male, con chiari segnali fisici, come aumento della pressione, tachicardia e fastidi all’apparato digerente. Perché lo stress. non è solo psicologico. E soprattutto, se cronico, può davvero porre le basi per lo sviluppo di processi infiammatori che svolgono un ruolo importante nell’insorgere e nella progressione di malattie cardiovascolari e di altri disturbi.
Secondo uno studio, le donne che sperimentano un esaurimento nervoso e gli uomini soggetti a depressione presentano un maggior livello di due noti biomarcatori dell’infiammazione, il fibrinogeno e la proteina C reattiva (CRP). Entrambi questi marcatori, in passato, sono stati associati al rischio di malattie cardiovascolari. Quindi stress genera stress, e la persona in stato di stress deve imparare individualmente a prevenire le complicanze.