C’era una volta l’Italia dei sanatori e della tubercolosi come prima causa di morte nella popolazione, del divieto di sputare per terra sul tram perchè non si fa per educazione, ma perché poteva propagare il contagio. Oggi siamo daccapo. Ma quali sono i sintomi che ci devono allarmare? La tubercolosi provoca una tosse che diventa sempre più produttiva, che catarro e, a un certo punto, tracce di sangue nell’espettorato. È una tosse che non passa neanche con la codeina, uno dei più potenti calmanti utilizzati in questi casi, e che dura settimane. Ma non è il caso di aspettare: occorre subito sottoporsi agli esami per accertare se si tratta di tubercolosi.
Il test della tubercolina consiste nell’iniettare nell’avambraccio degli estratti proteici (resi inoffensivi) del microbatterio tubercolare. Se il braccio si gonfia con il germe, ma non è detto che ci sia infezione. Se però la lesione che si forma per reazione è più grande di 5 millimetri, c’è il concreto sospetto che la tubercolosi sia in atto, e quindi si eseguono una radiografia al torace per vedere lo stato degli alveoli polmonari e un esame dell’espettorato per ricercare il microbatterio della tubercolosi.
Va anche detto che è molto difficile ammalarsi, il pericolo di contagio, infatti, rimane basso, nonostante i recenti fatti di cronaca. Siamo su una media annuale di 10 persone con tubercolosi ogni centomila abitanti. E poi perche non basta entrare in contatto con un soggetto malato per rimanere vittime del bacillo. È vero il batterio della tubercolosi fa paura soprattutto perché è aerobico, si trasmette cioè con le particelle di saliva emesse da un malato di tubercolosi. Però questo nemico dei nostri polmoni (distrugge gli alveoli, causando polmoniti gravi) non ha vita facile una volta che è all’aria aperta.
È infatti un bacillo che non riesce, per esempio, a colonizzare abbastanza a lungo bicchieri, giocattoli, asciugamani, e persino un bacio può non può essere sufficiente per passarlo. Per il contagio, in realtà, hanno più importanza altri due fattori: la frequenza di contatto con il malato (che ha già i sintomi) e il tempo di esposizione. Ma anche in termini di tempo non basta essere seduti al cinema vicino a un malato che tossisce per prendersi la tubercolosi, o viaggiare con lui sull’autobus e pranzare al ristorante.