Lo sapevate che chi dorme meno di sette ore per notte, in particolare tra i 32 e i 49 anni, ha un indice di massa corporea più elevato ed una maggior probabilità di diventare obeso rispetto a quanti riposano profondamente per un periodo più lungo. Il sonno, e le ore necessarie per il nostro corpo e per la nostra mente, che dovrebbero essere rispettate, sono sicuramente tra gli argomenti più interessanti di cui si sono occupati scienziati, medici etc. Dormire poco e male può essere un problema che può incidere non solo sulla nostra concentrazione mentale, ma soprattutto sul nostro metabolismo.
Il 16 marzo 2012 verrà celebrata la XII Giornata Nazionale del Dormiresano: “Morfeo Dormiresano”, realizzato da AIMS (Associazione Italiana di Medicina del Sonno) grazie al supporto di Sanofi.
La giornata quest’anno verte sul tema “Chi Dorme sano non prende peso!“, che tratterà proprio il dormire e la prevenzione di obesità e malattie. I problemi metabolici legati a fastidi importanti del sonno a loro volta possono aprire la strada a patologie cardiovascolari, cerebrali e renali. A conferma di questa unione intervengono anche alcuni dati: una persona con diabete su due riferisce di soffrire di insonnia, inoltre, il 15,5 per cento degli individui diabetici tende ad addormentarsi di giorno, contro il 6 per cento della popolazione di controllo. Proprio su questa correlazione si concentrano gli esperti dell’AIMS, Associazione Italiana Medicina del Sonno, in prima linea per sensibilizzare sull’ importanza di un giusto riposo, in occasione della XII Giornata Nazionale del Dormiresano, in programma il 16 marzo 2012.
Ma come si spiega che i soggetti che dormono di me sono più soggetti all’obesità? Numerosi studi hanno dimostrato che dormire poco può determinare alterazioni nella secrezione di ormoni, in particolare la leptina che interviene nei processi di regolazione dell’appetito e facilita il consumo calorico. Anche la grelina, ormone che stimola l’appetito, appare incrementata dopo la mancanza di sonno. Infine, l’insonnia compromette la sensibilità dei tessuti all’insulina, facilitando l’insorgenza di quella“insulino-resistenza” che appare un fattore chiave per lo sviluppo del diabete.
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