Al giorno d’oggi il morbo di Parkinson ha colpito soltanto in Italia più di duecentotrentamila persone. Un numero che è destinato a crescere a vista d’occhio e a raddoppiare nei prossimi quindi anni. Stiamo parlando di una malattia gravissima, che costringe intere famiglie a vivere un futuro precario. Non è raro che tutti i familiari debbano in altri termini muoversi al fine di prestare continua assistenza ai soggetti affetti dal morbo. Attualmente, inoltre, il Parkinson può essere monitorato ma non può essere guarito.
I numeri parlano di soggetti affetti dal morbo che hanno più di 65 anni. L’età di insorgenza della malattia, tuttavia, si sta ulteriormente abbassando creando dunque nuovi rischi e allargando il suo bacino di utenza. Sono sempre di più (in media uno su quattro) i pazienti che hanno meno di cinquant’anni e il 10% del totale ha meno di 40 anni.
Per combattere questo gravissimo problema è nato l’Osservatorio Nazionale Parkinson. Un progetto italiano sulla base del protocollo europeo sull’invecchiamento attivo che fornisce un punto di raccolta e analisi dei dati inerenti allo sviluppo della patologia.
La piattaforma sarà sul web a cominciare dal prossimo anno. Tale progetto punta a trovare una soluzione per i problemi assistenziali nella malattia di Parkinson, che principalmente provengono dalla numerosità della malattia nonché dall’andamento cronico peggiorativo con fasi avanzate di malattia caratterizzate da marcata invalidità e necessità di ricorrere a interventi complessi che comprendono neurochirurgia funzionale, terapie infusionali, riabilitazione.
Gli esperti sottolineano la necessità di una gestione complessiva a livello regionale, con Centri di Riferimento di alta specializzazione in grado di formulare gli indirizzi diagnostico-terapeutici e la selezione e presa in carico dei pazienti che sono soggetti a terapie complesse a costo elevato, affiancati da un organizzazione ambulatoriale a distribuzione territoriale per erogare in modo uniforme le prestazioni diagnostiche, terapeutiche e riabilitative. In sostanza, come per altre malattie neurologiche (ad esempio, ictus) si fa riferimento sempre più frequentemente ad un modello “Hub & Spoke”.