Richard Sandor, l’ americano che ha inventato lo European Climate Exchange, oggi gestisce l’86% del mercato europeo delle quote di CO2 e si dichiara ecologista. I paesi virtuosi possono vendere le loro quote di inquinamento non sfruttate (secondo le regole di Kyoto) a chi produce CO2 in eccesso. Sembra proprio un paradosso, e invece accade. Il meccanismo si basa sulla premessa, fissata a Kyoto nel ’97, che ogni industria possa emettere solo una determinata quota di anidride carbonica. Se è virtuosa e non la raggiunge, potrà rivendere il proprio credito alle industrie viziose che invece sforano. E dato che i permessi di CO2 si comprano e si vendono per il 90% sulla piazza affari telematica inventata dall’ex economista Berkeley, la società che la gestisce vale oggi 1,3 miliardi di dollari e la fortuna personale del suo inventore (Richard Sandor) vale un quinto: 260 milioni. Destino paradossale per un uomo che si dichiara ecologista e vede crescere il suo patrimonio mano a mano che le risorse del pianeta svaniscono.
Il cap and trade (fissa un tetto e scambia) funziona quando i governi stabiliscono dei massimali di emissione per aziende energetiche, siderurgiche e del cemento. Se una centrale a carbone tedesca, ad esempio, non riesce a rispettarli, può comprare delle quote inutilizzate da un’ acciaieria norvegese che invece è riuscita a restare nei limiti consentiti. Così facendo non dovrà rinunciare alla produzione e rispetterà (si fa per dire!) gli impegni ambientali assunti nel suo paese. Per comprare sul mercato il diritto di immettere nell’ aria dalle proprie ciminiere una tonnellata di CO2 oggi bisogna sborsare circa 22 euro. Nessuno si illude che il sistema a punti possa da solo ridurre il 20% delle emissioni di CO2 entro il 2020. Servono nuove tecnologie (come il sequestro e l’ immagazzinamento del diossido di carbonio), lo sviluppo di fonti rinnovabili e maggiore efficienza distributiva.
Equivoco ecologista: l’ americano che fa milioni vendendo CO2
di 14 Aprile 2008Commenta