AIRC: i traguardi della ricerca – VI

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Ogni anno sono migliaia le pubblicazioni scientifiche date alle stampe dai ricercatori finanziati da AIRC. In occasione dei Giorni della Ricerca vi presentiamo alcuni dei risultati più importanti pubblicati nell’anno appena trascorso.

Vi riportiamo quanto si legge su l sito airc.it:

Una palestra molecolare

I tumori, anche quando colpiscono lo stesso organo, possono contenere diverse mutazioni del DNA. Ed è questa la ragione per cui un farmaco efficace in un paziente può essere inefficace in un altro. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Torino, coordinato da Alberto Bardelli, Federica Di Nicolantonio ed Enzo Medico, ha condotto una ricerca, pubblicata sulla rivistaNature Communications, coltivando in vitro cellule di tumori del colon prelevate da oltre 150 pazienti e caratterizzandone i difetti genetici. In questa raccolta di campioni è riassunta la varietà molecolare osservata nei tumori intestinali: si tratta quindi di un’efficace palestra sperimentale per testare nuovi approcci di terapia personalizzata. A riprova di ciò, i ricercatori hanno scoperto un caso in cui le cellule tumorali presentavano concentrazioni elevate di una proteina, chiamata ALK, contro la quale è già disponibile un farmaco efficace nei tumori polmonari. Con lo stesso approccio hanno poi identificato altre sei proteine-bersaglio, presenti a concentrazioni anomale in una piccola parte dei casi e contro le quali è possibile mettere a punto dei farmaci specifici o utilizzare quelli già esistenti.

Un MITO per il cancro all’ovaio

Il gruppo MITO, coordinato da Sando Pignata e Francesco Perrone all’Istituto tumori Fondazione Pascale di Napoli, include oltre 60 centri italiani dedicati allo studio dei tumori dell’apparato ginecologico. Sono loro a condurre lo studio MITO11 che ha coinvolto 70 donne con tumori dell’ovaio che non rispondevano alla chemioterapia standard o che sviluppavano resistenza ai farmaci. I risultati sono stati pubblicati su Lancet Oncologye dimostrano che l’aggiunta di un farmaco chiamato pazopanib al trattamento standard con paclitaxel aumenta in maniera statisticamente significativa il tempo che intercorre prima che la malattia ricominci a progredire. Come ci si poteva aspettare, la combinazione dei due farmaci è risultata più tossica, ma nel complesso gli effetti collaterali osservati sono gestibili. Questo primo risultato non basta ancora per autorizzare l’uso del pazopanib nella pratica clinica, ma rappresenta una solida base per programmare ulteriori studi in un maggior numero di donne.

Photo Credits |www.BillionPhotos.com/ Shutterstock

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