Gennaio è il mese dei buoni propositi e spesso, tra quelli più gettonati degli italiani c’è il tornare in forma attraverso diete e sessioni d’allenamento faticose. Peccato che ai buoni propositi spesso non segua un effettivo calo del peso o una dieta fatta con tutti i crismi.
Come già ci è capitato di raccontare ci sono sistemi come la dieta Scarsdale che garantiscono la perdita di 3 chili e più a settimana, ma si basano su un regime alimentare a scarso contenuto calorico, sulla perdita di liquidi e su una serie di cibi assolutamente vietati. Chi avesse bisogno di risultati immediati, può affidarsi a questa proposta che risale agli anni Settanta, altrimenti bisogna insistere sui buoni propositi.
Il problema, rilevato da molte statistiche, è che a fronte di tante promesse che gli individui fanno a se stessi rispetto alla perdita di peso e a tanti altri elementi, difficilmente si va oltre i buoni propositi. Scrive il Corriere della Sera:
Secondo uno studio di Diane Robinson, una neuropsicologa di Orlando Health Foundation in Florida, appena l’8 per cento di chi giura su buoni propositi dietetici invernali li manterrà. E pure chi riuscirà faticosamente a perdere il 5 per cento del peso riprenderà i chili in due casi su tre.
La studiosa in questione insiste poi rispetto al buon proposito di mettersi a dieta,dicendo
«La maggioranza si focalizza solo sugli aspetti “fisici” del dimagrimento, come alimentazione ed esercizio fisico: il 31 per cento dei partecipanti alla nostra indagine pensa che la sedentarietà impedisca loro di raggiungere il risultato, il 26 per cento imputa il fallimento alla sola dieta, il 17 ritiene troppo costoso uno stile di vita sano e il 12 pensa che la barriera maggiore sia la mancanza di tempo. Pochissimi credono che la componente emotiva dell’alimentazione possa “sabotare” gli sforzi per perdere peso e questo spiega perché tanti non ci riescano: per dimagrire e mantenere il risultato non dovremmo solo pensare a che cosa mangiamo, ma anche al perché lo mangiamo