Le malattie respiratorie come l’asma sono direttamente collegate all’inquinamento atmosferico, per cui al crescere dei livelli di smog è facile che aumentino anche i problemi respiratori. Un altro documento scientifico comprova questa correlazione.
Il legame fra inquinamento atmosferico e crisi respiratorie è confermato da uno studio dell’Irccs Mario Negri di Milano sulle fogne del capoluogo lombardo. Si è visto che quando il cielo milanese sembra avvolto da una cappa di smog e polveri sottili, nelle acque della città aumentano i residui di salbutamolo, un comune farmaco antiasmatico.
Questa ricerca è stata pubblicata anche online su ‘Environmental Research’ ed è il risultato della collaborazione di 3 Dipartimenti dell’Istituto di ricerche farmacologiche diretto da Silvio Garattini, il quale spiega l’esistenza di
“una relazione diretta tra il consumo disalbutamolo, principio attivo di farmaci di primo intervento, e i livelli di Pm2,5 e Pm10 nell’aria della città”.
La ricerca – continuano gli esperti dell’Irccs di via La Masa – applica la metodologia dell’analisi delle acque reflue (waste-water based epidemiology) per lo studio delle malattie ambientali. Le acque di scarico provenienti dal capoluogo lombardo sono state campionate giornalmente prima dell’ingresso al depuratore proprio con l’obiettivo di stanare i residui del medicinale vasodilatatore utilizzato per contrastare il broncospasmo durante gli attacchi d’asma. Il risultato è chiaro:
“l’utilizzo di questo farmaco varia in relazione ai livelli atmosferici di Pm2,5 e Pm10, aumentando quando aumenta il livello di questi inquinanti”.
“Questi risultati – commenta Elena Fattore, ricercatrice del ‘Mario Negri’ – rappresentano una prova diretta dell’effetto dell’inquinamento atmosferico sul respiro malato. E’ stato stimato che se a Milano i livelli di Pm10 diminuissero da 50 microgrammi/metro cubo (la concentrazione media misurata nel periodo di studio) a 30, almeno 850 dosi al giorno di salbutamolo non verrebbero utilizzate. Dosi che corrispondono approssimativamente al numero di persone che registrano un acutizzarsi dei sintomi”.