Una nuova ricerca spiega come per curare il diabete non siano sufficienti o comunque non siano utili i test del DNA. Bisogna invece approfondire altri elementi andare alla radice del problema senza prendersi cura dei “cartomanti”. Parole forti che hanno comunque una spiegazione.
L’uso dei test genetici per predire la comparsa del diabete e delle sue complicanze
“è di scarsissimo valore nella pratica clinica per l’impossibilità di prevenire alcune forme di diabete o per la scarsa capacità predittiva di questi esami. Inoltre si moltiplicano di giorno in giorno, sul web, le iniziative commerciali che adescano i cittadini, promettendo risposte da ‘cartomante’ della salute attraverso un campione di saliva”.
Questo è stato l’ultimo allarme lanciato dalla Società italiana di diabetologia (Sid), che mette in guardia rispetto alle crescenti aspettative sui test del Dna svela diabete, con un documento ‘ad hoc’ del Gruppo di studio Genetica.
“Oggi è da sconsigliare, senza se e senza ma, l’uso di marcatori genetici per la predizione del rischio individuale del diabete e delle sue complicanze croniche. Il diabete mellito – spiega Giorgio Sesti, presidente Sid – è una condizione derivante da un insieme di fattori, ambientali e genetici. Questo documento è indirizzato non solo ai diabetologi ma anche a tutti i medici di medicina generale e specialisti di altre discipline in quanto vengono affrontati temi di interesse sia per le persone a rischio di sviluppo di diabete, che per le persone che hanno già una diagnosi di diabete”.
La predisposizione genetica resta invariata nel tempo e consente di individuare i soggetti ad alto rischio rispetto all’insorgenza della malattia ma poi è necessario impostare programmi precoci di prevenzione.
“Viste queste premesse, non sorprende che negli ultimi 6-7 anni, rispondendo alle aspettative di medici e pazienti – suggerisce la Sid – siano stati fatti diversi i tentativi per commercializzare test genetici, basati sui risultati ottenuti dagli studi di associazione genome-wide (Gwas), con lo scopo di prevedere malattie multifattoriali, tra le quali appunto il diabete di tipo 1 (Dmt1), il diabete di tipo 2 (Dmt2) e alcune delle complicanze croniche del diabete”.