I farmaci generici dovrebbero essere i più utilizzati tra i medicinali, invece capita che ci sia un vero e proprio sottoutilizzo adesso messo a fuoco anche dai ricercatori. La Fondazione Gimbe in un ‘position paper‘ analizza cause e soluzioni per la scarsa diffusione dei medicinali ‘non griffati’ nel nostro Paese rispetto all’Ocse.
Perché non si usano i farmaci generici in Italia? Perché ci sono ancora troppi pregiudizi legati a questo genere di medicinali. E poi ovviamente c’è la normativa che favorisce la discrezionalità dei medici nelle prescrizioni ma anche dei farmacisti nei consigli rivolti ai clienti. Nel 2013 gli equivalenti “hanno rappresentato il 19% del mercato farmaceutico totale in consumi (media Ocse 48%) e l’11% della spesa (media Ocse 24%)”.
La diffidenza, però, è immotivata. Lo afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe che ha realizzato lo studio:
“La ricerca scientifica, negli anni ha dimostrato che il farmaco equivalente è altrettanto efficace e sicuro di quello di marca e può contare su robuste evidenze di sperimentazione e utilizzo (almeno 10 anni), e che il sotto-utilizzo degli equivalenti aumenta la spesa dei cittadini e riduce la compliance terapeutica, in particolare nelle malattie croniche, con ulteriore aumento dei costi per il Ssn”.
Ed è paradossale visto che “i cittadini sono in difficoltà a sostenere la spesa dei medicinali con ricetta a proprio carico”, ma “esiste una resistenza del sistema ad abbandonare i farmaci di marca in favore degli equivalenti”.
Come abbattere la diffidenza? La soluzione potrebbe essere non chiamarli più medicinali generici e abbandonare un aggettivo che appare dequalificante, “che – spiegano ancora i ricercatori – alimenta l’errata percezione di una minore qualità, efficacia e sicurezza dell’equivalente rispetto al farmaco di marca”.