Le intolleranze e le allergie alimentari fanno ingrassare

 Le intolleranze alimentari fanno ingrassare. Fino a qualche anno fa non era chiaro perchè le persone che eliminavano i cibi a cui erano intolleranti riuscissero a perdere peso (soprattutto massa grassa). Il dimagrimento di fatto avveniva ma mancava la spiegazione scientifica. Negli ultimi anni si è capito che il meccanismo dipende dal controllo della infiammazione alimentare. Mangiare cibi verso cui esiste un’ allergia alimentare ritardata (in questo caso si parla di intolleranza alimentare vera e propria) determina una reazione infiammatoria che interferisce sulla regolazione dell’ insulina. In pratica, chi è intollerante al lievito e mangia pane e formaggio (entrambe sostanze fermentate) riceve uno stimolo a ingrassare. Mentre se porta a tavola gli spaghetti al burro (gli stessi alimenti non lievitati) riduce l’ infiammazione, regola meglio il consumo degli zuccheri, ha meno fame e brucia il grasso accumulato. Nell’ ultimo anno inoltre sono state scoperte le cellule del sistema immunitario presenti nel tessuto adiposo (grasso localizzato). Quando queste cellule vengono stimolate dalla reazione allergica, attivano una modifica nel consumo degli zuccheri. Una dieta corretta può riportare questa alterazione nella norma, aiutando a migliorare il rapporto con il proprio peso.

Intervento laser occhi. Correzione di miopia e presbiopia.

 L’ intervento laser per gli occhi consente di modificare la curvatura della cornea e correggere molti difetti della vista, primo fra tutti la miopia: malformazione dell’ occhio che limita la vista degli oggetti da lontano. L’ intervento laser, che combina laser e chirurgia, è stato inventato negli anni ’60. Oggi, grazie a recenti innovazioni sul laser, l’ intervento offre risultati migliori rispetto al passato e se prima il laser era praticato solo per correggere il difetto della miopia, da qualche hanno è usato con successo anche per la presbiopia. La presbiopia è la perdita progressiva dell’ elasticità del cristallino (struttura che insieme alla cornea permette di mettere a fuoco gli oggetti) e si manifesta con la difficoltà a vedere bene da vicino (difetto opposto alla miopia). La presbiopia è spesso legata all’ invecchiamento, in questo caso colpisce dopo i 40 anni. Anche per la correzione della presbiopia si interviene con il laser sulla curvatura della cornea con lo stesso procedimento usato per la miopia (la seduta dura circa 15 minuti). In Italia sono ancora pochi i centri dotati del software da applicare al laser necessario a correggere la presbiopia, ma l’ intervento sta prendendo piede. A differenza della terapia laser applicata agli altri difetti della vista, quello per i presbiti è reversibile: nei casi in cui si verificano alcuni, seppur rari, inconvenienti è possibile correggere l’ intervento con una nuova seduta. Prima di procedere ad un intervento laser sia per la correzione della presbiopia sia per la correzione della miopia vanno comunque effettuati tre esami diagnostici che indicano se l’ occhio ha i requisiti necessari alla buona riuscita dell’ intervento.

Il cerotto wi-fi : il cerotto senza fili che trasmette i dati ed evita il day hospital

 Arriva il cerotto wi-fi per monitorare il paziente: un cerotto che è un vero e proprio laboratorio di analisi (o un laboratorio di analisi che ha le dimensioni di un cerotto !), applicato sul paziente può evitare il day hospital e il medico è in grado di sapere tutto sul paziente. Ideato dall’ Università di Pisa, il cerotto viene applicato per 24 ore sulla pelle del paziente e permette di monitorare battiti cardiaci, temperatura, glucosio e altri parametri. In un futuro addio dunque al day hospital e a lunghi esami, la tipica giornata di controllo in ospedale. I dati assorbiti dal cerotto (progettato da un team di bioingegneri), attraverso un sistema di connessione wireless, passano direttamente su un monitor dell’ ospedale dove il medico può già effettuare la diagnosi. Il gruppo di ragazzi pisani che hanno creato il cerotto-laboratorio è composto da Antonio Mazzeo, Francesco Randazzo, Pietro Valdastri e Alessio Misuri; hanno costituito Win: un gruppo di lavoro la cui prima creazione è appunto il piccolo laboratorio di analisi delle dimensioni di un cerotto, applicabile sulla pelle dei pazienti che hanno la necessità di essere sottoposti a un monitoraggio costante di alcuni parametri vitali. I quattro cervelli hanno ottenuto per il loro progetto un finanziamento di 50mila euro che serviranno, specifica Antonio Mazzeo, a costituire la società e pagare i costi del brevetto del prototipo che svilupperanno compiutamente nel giro di un anno. L’ idea dei quattro di Win è affascinante: ci sono molti pazienti che devono essere sottoposti a un monitoraggio continuo e questo comporta la loro ospedalizzazione, con forti limitazioni della loro attività e alti costi per la collettività.

Cross linking della cornea. Curare il cheratocono con laser e raggi UV

 Cross Linking della cornea con raggi UV e vitamina B per il futuro degli occhi colpiti da cheratocono: una malattia della cornea molto diffusa che colpisce entrambi gli occhi. Spesso il cheratocono viene scambiato per miopia e si aggrava. L’ unica cura era finora il trapianto di cornea, ma oggi esiste una valida alternativa con il cross linking: vengono messe gocce di vitamina B2 sulla cornea che, esposta ai raggi ultravioletti, si rafforza. In Italia il cross linking è già praticato in vari ospedali. La cura del cheratocono con il cross linking della cornea (una metodica non invasiva che utilizza il laser a raggi ultravioletti per contrastare l’ evoluzione del cheratocono) va avanti con ottimi risultati. Il cheratocono è una malattia della cornea, una distrofia progressiva non infiammatoria, che colpisce sia uomini che donne, generalmente in giovane età, fra i 20 e i 30 anni. Ha origini genetiche e un’ evoluzione soggettiva; all’ inizio determina un peggioramento della qualità visiva, negli stadi più avanzati opacizzazione e in alcuni casi anche la perforazione della cornea. Il problema si rende evidente quando la parte centrale della cornea inizia ad assottigliarsi e s’ incurva progressivamente verso l’ esterno, deformandosi così a forma di cono. La curvatura irregolare che si viene a creare cambia il potere refrattivo della cornea, producendo di conseguenza distorsioni delle immagini ed una visione confusa sia da vicino che da lontano. Il cross linkig corneale è un intervento di cura non invasivo. Si tratta di una metodica di trattamento che utilizza laser a raggi ultravioletti, è indolore e si effettua in Day-Hospital. Dai primi studi condotti questa tecnica si è dimostrata in grado di ridurre l’ astigmatismo, di rallentare e, a volte, anche di arrestare temporaneamente l’ evoluzione del cheratocono evitando il trapianto della cornea.

Nuove cure per chi soffre di leucemia

 I tumori del sangue sono molto diffusi tra i bambini ma colpiscono a tutte le età. Leucemia, mialoma e linfoma sono tumori che fanno ancora molta paura. Ma la ricerca medica ha fatto passi da gigante. Oggi i bambini con leucemia linfoblastica acuta guariscono con meno sofferenze grazie ad una nuova cura: la polichemioterapia. Rispetto al mix di farmaci chemioterapici usati finora, questa nuova cura è più forte ma meglio tollerata dall’ organismo. Si tratta di un insieme di più principi attivi che viene messo a punto in base alla gravità della malattia. Lo conferma Maurizio Aricò, direttore del dipartimento di onco-ematologia dell’ ospedale pediatrico Meyer di Firenze. Il trattamento è diviso in due fasi. La prima uccide le cellule malate, dura circa 10 mesi e si fa in ospedale. La seconda prevede un anno di terapia a casa, con dosi minori che spazzano via le cellule a rischio rimaste. Per avere l’ indirizzo dei centri specializzati basta andare sul sito dell’ Associazione ematologia e oncologia pedriatica: www.aieop.org.
Il linfoma non-Hodking, scatenato da glubuli bianchi impazziti e diffuso soprattutto tra gli adulti, finora veniva trattato solo con la chemioterapia. Adesso, grazie ad una nuova terapia, è possibile guarire in 8 casi su 10 e diminuire gli effetti collaterali come nausea e vomito. La cura si chiama immunochemioterapia e la sostiene Pier Luigi Zinzani (professore associato di ematologia all’ università di Bologna). Consiste in un cocktel di Rituximab e farmaci chemioterapici. A differenza dei trattamenti tradizionali, questa terapia attacca solo le cellule tumorali senza danneggiare quelle sane. La cura, già utilizzata nei reparti di ematologia dei principali ospedali oncologici, viene somministrata insieme alla chemioterapia.

Lotta all’ Aids: il nuovo farmaco anti Hiv è italiano

 È italiano il nuovo farmaco contro l’ Aids e si chiama Isentress (raltegravir). Il farmaco, in commercio anche in Italia, è basato su una molecola che è stata scoperta a Pomezia dai ricercatori dell’Irbm, l’Istituto Ricerche di Biologia Molecolare Pietro Angeletti. Sono italiani i ricercatori, made in Italy il prodotto e italiano anche il primo paziente che si è sottoposto al trattamento a base di raltegravir, che inibisce l’ enzima chiave per la replicazione dell’ Hiv, abbassando rapidamente la carica virale e portandola al di sotto delle 50 copie/ml, alzando notevolmente la conta dei linfociti senza però presentare gli effetti collaterali normalmente correlati alla somministrazione di terapie antiretrovirali. Il nuovo farmaco, per la prima volta, blocca l’ integrasi che, insieme alla trascrittasi inversa e alla proteasi, è uno dei tre enzimi necessari alla riproduzione e alla propagazione del virus all’ interno delle cellule umane. Hiv e Aids hanno ucciso più di 25 milioni di persone in tutto il mondo e a tutt’oggi sono circa 35 milioni quelle che convivono con il virus. Solo nel 2007 sono stati circa 2 milioni e mezzo i casi di nuove infezioni. È di gran lunga cambiato il target del paziente che scopre di avere l’ Aids. Non è più un tossicodipendente o un omosessuale, ma sempre più spesso una persona di 40 anni, eterosessuale, che arriva tardi alla diagnosi perché ritiene di non aver avuto rapporti a rischio. A confermarlo è Stefano Vella, direttore del Dipartimento del farmaco dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss). E questo costituisce un problema terapeutico perché spesso la malattia è in uno stadio così avanzato da essere difficilmente curabile. Oggi, grazie al nuovo farmaco si può recuperare anche questo tipo di paziente.

Epatite C: il nuovo fibro-test che fa bene al fegato

 Oggi chi soffre di epatite può tenere sotto controllo la malattia con un piccolo prelievo del sangue, evitando gli esami più fastidiosi: una semplice analisi del sangue permette di valutare la salute del fegato evitando la biopsia, con tutti i disagi che questo esame comporta. Un bel vantaggio per chi soffre di epatite C e deve monitorare l’ evoluzione dell’ infezione per verificare che non degeneri in malattie più gravi. L’ epatite C in Italia riguarda più di un milione e mezzo di persone. Spesso la malattia rimane silente per anni o addirittura decenni, senza dare sintomi. A volte invece può causare la cirrosi epatica o addirittura il tumore al fegato. L’ Unità di gastroenterologia ed etologia dell’ Ospedale Umberto I di Mestre (tel 0412607644) è il primo centro ad aver sperimentato il nuovo test. Finora l’ unico sistema per valutare l’ estensione del problema era la biopsia, cioè il prelievo (con un ago sottilissimo e sotto guida ecografica) di un campione di tessuto da far analizzare in laboratorio. Un esame invasivo che richiede un giorno di ricovero in ospedale. Ma adesso in quasi l’ 80% dei casi si può evitare grazie al nuovo test. Solo quando il risultato del Fibro-test lascia qualche dubbio bisogna ricorrere alla biopsia per analizzare direttamente i tessuti. L’ efficacia del Fibro-test (si chiama così il nuovo test non invasivo) è stata confermata da uno studio concluso dall’ équipe dell’ ospedale di Mestre in collaborazione con l’ Università di Padova. Si esegue un normale prelievo del sangue. I dati ottenuti, come i valori della bilirubina e di altri parametri, vengono inseriti dal biologo che ha analizzato il campione in un particolare programma che li elabora e li combina tra loro fornendo immediatamente il risultato. Naturalmente l’ esito deve essere valutato dallo specialista. Il test ha un’ affidabilità simile a quella della biopsia: vicina al 95%. Potendo ripetere l’esame anche un volta all’ anno si ha la certezza di curare subito e bene il fegato.

Tecnologia al servizio dei disabili: i puntatori oculari per scrivere con gli occhi

 Si chiamano puntatori oculari (eye tracker) e permettono a una persona che concentra lo sguardo su uno schermo di scegliere con il solo movimento degli occhi una sequenza di lettere che formano parole, righe e periodi. Si tratta di una sorta di mouse oculari che una volta tarati sulla singola persona consentono a chi è costretto all’ assoluta immobilità ed è in grado di muovere solo lo sguardo di comunicare con il mondo. La Regione Toscana, assessorato per il diritto alla salute, ha deciso di finanziare l’acquisto di questi dispositivi per fornirli in uso a persone affette da gravissime patologie. La delibera si riferisce a persone affette da gravi patologie neurovegetative (come la sclerosi laterale amiotrofica), da sindromi post traumatiche per lesioni cervicali alte che comportano una completa tetra-paresi (cioè l’impossibilità di muovere tutti gli arti), con dipendenza da ventilatore meccanico e coloro che sono affetti dalla sindrome locked-in. Tutte persone che, pur mantenendo inalterate le capacità cognitive e le funzioni cerebrali superiori, subiscono una alterazione severa della capacità espressiva sia verbale che scritta e perdono progressivamente la facoltà di comunicazione e di relazione, rischiando di vivere nel totale isolamento. Unica risorsa, molto spesso, è il movimento degli occhi, ed ecco quindi intervenire l’utilità di questi straordinari strumenti messi a disposizione dalle moderne tecnologie. Obiettivo del finanziamento è quello di agevolare e incentivare la comunicazione interpersonale di questi pazienti e la possibilità di mantenere una certa vita di relazione anche nelle fasi più acute e invalidanti della patologia.

Pillola Ru 486 e interruzione volontaria della gravidanza

 La pillola RU-486 è l’ alternativa farmacologia all’ aborto volontario chirurgico: è possibile interrompere la gravidanza senza sottoporsi all’ intervento chirurgico. La Ru 486 è un prodotto chimico a base di mifepristone, un potente antiormone che interrompe l’annidamento dell’embrione nell’utero e provoca l’ aborto del concepito se assunta entro il secondo mese di gravidanza. Viene assunta dalla donna come una normale pastiglia. Trascorsi tre giorni, i medici somministrano alla madre una sostanza che induce le contrazioni e provoca l’ espulsione dell’ embrione. La somministrazione della pastiglia deve avvenire in ambiente ospedaliero. Negli Stati uniti, già a metà degli anni 80, i pro-life si mobilitarono contro la “French pill” (pillola francese): la Ru 486. Con questo metodo una donna sceglie di non diventare madre ma, appunto, cambia il metodo. L’aborto esiste già, e nonostante non manchino polemiche al riguardo, proprio un’ articolo della legge 194 (il n. 15) prescrive che si continuino a cercare le soluzioni migliori perché l’ aborto sia il meno possibile traumatico e pericoloso per la donna. A 20 anni dalla sua adozione in Francia, dopo essere stata registrata in 15 paesi dell’Unione europea, dopo che nel 2005 l’Organizzazione mondiale della sanità l’ha inserita nella lista dei farmaci essenziali, sbarca anche in Italia la RU-486. Non tanto per scelta delle autorità sanitarie del nostro Paese, ma sulla base della sua approvazione da parte della quasi totalità dei paesi membri dell’Unione: Exelgyn Laboratoires, che la produce, ha infatti avviato una procedura di mutuo riconoscimento. Le donne che decidono di interrompere la gravidanza potranno scegliere fra due procedure: quella tradizionale chirurgica, che prevede ricovero, anestesia, intervento da effettuare entro le prime 12 settimane di gestazione; e quella medica o farmacologica, che consiste nella somministrazione in ospedale di due pillole.

Vaccino gratuito contro il papilloma virus

 Parte la campagna di vaccinazione pubblica gratuita contro il papilloma virus (HPV), responsabile del cancro al collo dell’ utero. Il vaccino sarà offerto quest’anno a tutte le 280.000 adolescenti nate nel 1997. “L’obiettivo della campagna di vaccinazione è quello di giungere ad una forte riduzione del papilloma virus nelle prossime generazioni. Sarebbe una vittoria senza precedenti nella guerra contro uno dei più terribili nemici delle donne“, è quanto si legge in una nota stampa del Ministero della Salute, che sottolinea come l’Italia sia il primo paese europeo a pianificare una strategia di vaccinazione pubblica gratuita contro il papilloma virus. I vaccini saranno somministrati gratuitamente dalle ASL alle adolescenti tra gli undici e i dodici anni, con la somministrazione per via intramuscolare di una dose iniziale e due richiami, entro i sei mesi dalla prima. Il vaccino è inoltre disponibile a pagamento in farmacia, previa prescrizione del medico, ed è destinato alle donne che non hanno contratto l’infezione da papilloma virus. Per questo, raccomanda il Ministero della Salute, prima di ricorrere alla vaccinazione è importante fare un pap test per essere sicuri di non avere già contratto l’infezione. I vaccini contro il virus HPV attualmente disponibili sono due: Gardasil, vaccino tetravalente, che protegge contro i genotipi 16-18 dell’ HPV e i genotipi 6 e 11, autorizzato all’immissione in commercio dall’Aifa con delibera del 28 febbraio 2007 (costo al pubblico 171,64 euro), e il Cervarix, vaccino bivalente, attivo contro i genotipi 16 e 18, autorizzato dall’Aifa con delibera del 29/10/2007 (costo al pubblico 156,79 euro).

Celiachia e intolleranza al glutine: come riconoscerla

 La celiachia sembra essere ancora poco conosciuta e dunque poco diagnosticata. 500.000 sono gli italiani che potrebbero essere celiaci; solo 70.000 sono i diagnosticati; 2.500.000 sono i soggetti celiaci in Europa con una incidenza diversa nei vari Paesi. Sembra che i dati della celiachia aumentino di generazione in generazione e di anno in anno. Secondo recenti studi statistici la crescita annua in Italia pari al 10%. La celiachia (CD), denominata anche enteropatia immuno-mediata o enteropatia glutine-sensibile o sprue celiaca, è una condizione patologica dovuta a fattori genetici ed ambientali. Il fattore ambientale è il glutine, una miscela di gliadine e prolamine, presente in alcuni cereali (frumento, orzo, segale, farro, kamut, spelta, criticale ed avena). Nei celiaci il glutine esercita una azione tossica sull’intestino, alterando profondamente la struttura e la funzionalità delle cellule della parete intestinale. Ne risulta così compromesso l’assorbimento dei nutrienti e lo stato nutrizionale del soggetto. Questa situazione viene ripristinata con l’unica – per il momento – terapia: la dieta senza glutine. Non si nasce celiaci ma si nasce con una predisposizione genetica alla celiachia. Non sempre da un genitore celiaco nasce un bambino celiaco. Infatti tra i parenti di primo grado (genitori, figli e fratelli) dei celiaci la possibilità di avere la malattia è tra il 10 e il 20%. La celiachia si realizza quando il soggetto geneticamente predisposto viene a contatto con il glutine fino al momento in cui si verificano le tipiche lesioni intestinali. Il tempo che intercorre varia da alcune settimane a molti anni. La lunghezza di questo intervallo di tempo dipende da fattori finora sconosciuti. Cosa prevede la dieta senza glutine: il celiaco deve sostituire pane, pasta, pizza, biscotti e altri prodotti da forno con gli equivalenti ottenuti con farine alternative ricavate macinando mais, riso, amaranto, tapioca, roveja, lupino, grano saraceno.